Ormai la vita assomiglia sempre più ad una corsa contro il tempo, si va di fretta per qualunque cosa. C’è sempre meno tempo per dedicarsi ad altro che non sia il lavoro o la realizzazione economica, non resta più molto tempo neanche per ‘piangere il morto’, nel senso letterario della frase.
Rita Tagarelli racconta di come fino a pochi anni fa non era raro che per il paese ci fossero i “cortei funebri”, in cui il defunto veniva accompagnato dalla sua congrega religiosa, dal sacerdote, dai parenti vestiti tutti in nero rigoroso. Oggi questo avviene sempre più di rado per non dire che è in ‘disuso’, forse per non intralciare il traffico cittadino o perché anche la morte ormai è rientrata nella fretta quotidiana e dei così detti “tre giorni del morto” - il giorno in cui muore, quello del funerale e il giorno del pranzo di consolazione, altrimenti detto ‘consuolo’ - dei quali a mala pena è rimasto il secondo.
Per i nojani è sempre stata importante la commemorazione dei propri defunti. “Infatti, in passato, nell’arredamento domestico i volti degli antenati, con i ritratti color seppia, prendevano posto accanto alle immagini sacre sulle pareti degli ambienti di rappresentanza. Finiti in soffitta gli ascendenti, non rappresentano più il vanto della famiglia, e il ricordo del loro vissuto non è più un’eredità preziosa da conservare e tramandare. Non possiamo sorvolare sul fatto che il rispetto e la devozione per i defunti dura solo il tempo di una generazione”, spiega Rita Tagarelli, sottolineando come ormai ci sia scordati di quei defunti che ancora si trovano negli antichi cimiteri di Noicattaro, i quali erano siti presso l’Istituto Sant’Agostino e in via Viscigliole, dove invece era locato il cimitero di coloro che morirono di peste.
“Le tombe e i cimiteri smessi, anche dove c’è una lapide a segnalarli, oggi non hanno più un po’ di considerazione. Nessuno si ferma - conclude con rammarico l’ex sindaco - eppure il tempo degli affetti e della gratitudine umana non dovrebbe distinguersi in passato prossimo e passato remoto, perché è storia, la nostra storia”.
“Tutto è cambiato! Nello sfrenato bisogno di esterofilia, adesso, anche nel nostro paese celebriamo la festa anglosassone di Halloween”. Questa festa, che dalla Gran Bretagna si è diramata anche in America, e poi in tutto il mondo, non ha nulla a che vedere con le tradizioni nojane del 2 Novembre. Mentre questa festa straniera si basa su ‘una parodia dissacrante della morte’, in cui la si prende in giro, vestendosi a maschera e facendo “trick or treat”, le tradizioni del nostro paese hanno sempre celebrato la morte come qualcosa di molto serio e soprattutto sacro.
Nella notte tra l’1 e il 2 Novembre è usanza - e lo è stato soprattutto in passato - di apparecchiare a taue di muort. Sul tavolo viene posta una tovaglia bianca, un brocca d’acqua e un pezzo di pane.
Era credenza che, in questa notte, le anime dei defunti attraversassero la soglia della loro casa per assicurare la loro presenza, portando la pace e il benessere. Questo incontro impalpabile era un insegnamento a non vedere la morte come qualcosa da temere o da tenere a distanza ma “come un atto della vita stessa e non come un castigo”.
Quella del 2 Novembre non è mai stata una giornata di tristezza, bensì un momento per ricordare con gioia i propri cari e per stare insieme alla famiglia, condividendo ialm di muo-rt (le anime dei morti).
Sacchetti contenenti i ghiaccheu-n con i minue amm-ddesk, questi venivano offerti dalle famiglie ai più bisognosi in suffragio delle anime dei defunti. Per una tradizione che non possiamo e non vogliamo perdere.
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Commenti
Che bello sanno solo fare cortei per feste paesane e ricorrenze dei morti.
E tutto il resto aspetta tempi migliori.
Dimettetevi e lasciate andare al voto i cittadini.